Il 9 marzo si è svolta in video conferenza l’audizione informale ANCE tenutasi presso le Commissioni riunite Bilancio e Politiche dell’Unione europea del Senato, nell’ambito dell’esame sulla Proposta di Piano Nazionale per la Ripresa e Resilienza (PNRR).
Il Presidente Buia ha espresso, in premessa, apprezzamento per l’annunciato impegno del Governo a rivedere e riorganizzare il Recovery Plan, inquadrandolo nella prospettiva di un più ampio “Progetto Paese”, con un orizzonte fissato almeno al 2030, incardinato sui principi della sostenibilità, della transizione verde e della digitalizzazione, di cui il Recovery Plan costituisce una prima fase attuativa. Per poter concretamente realizzare questi obiettivi, però, occorre definire in tempi rapidi un sistema di governance efficiente, chiara, trasparente e responsabile, senza una sovrapposizione di competenze e una frammentazione infinita dei centri decisionali, il cui risultato è solo l’immobilismo della macchina pubblica. Per quanto riguarda le risorse appare positivo che il settore delle costruzioni impatti con circa la metà di quelle previste dal Recovery Plan, segno evidente della centralità dell’industria delle costruzioni per la ripresa e la crescita del Paese. È importante però che queste ingenti risorse vengano spese e non solo allocate. Quello elaborato finora, infatti, è un Piano che manca di visione strategica: tanti titoli, pochissimi progetti pronti, nessuna vera semplificazione dei percorsi autorizzativi delle opere infrastrutturali. Con l’attuale impostazione, secondo le nostre stime, a fine 2026, avremo speso solo il 48% delle risorse per i cantieri.
Occorre quindi un cambio di rotta che ANCE propone immaginando due binari di intervento che dovranno correre parallelamente. Il primo dovrà sfruttare tutte le semplificazioni esistenti e gli snellimenti possibili per mettere a terra subito le risorse, aprire i cantieri e, sul fronte privato, far decollare il grande piano di efficientamento energetico e messa in sicurezza degli edifici previsto dal pacchetto degli interventi del Superbonus. Nello stesso tempo occorre cominciare a lavorare alle riforme strutturali indispensabili per ridare al sistema Paese quella efficienza che abbiamo perduto da tempo e che ci fa viaggiare col freno tirato a mano da tanti, troppi anni. È però indispensabile che la ratio delle riforme sia chiara e garantita sia dal Governo che dal Parlamento: liberare cittadini e imprese dalla morsa burocratica e dall’asfissia regolatoria che purtroppo ha caratterizzato fino ad oggi anche i tanti progetti di riforma che da lustri vediamo annunciare ma mai partire. Il settore delle costruzioni è quello che in assoluto ha le maggiori relazioni con le Pubbliche Amministrazioni, per questo è quello che più soffre dei suoi ritardi e della sua arretratezza.
Per questi motivi il Recovery Plan rappresenta un’occasione unica per gettare finalmente le basi per una ripresa duratura non solo del settore delle costruzioni ma dell’intera economia. Ad avviso di ANCE per raggiungere questo risultato occorre tenere presenti 5 priorità:
Puntare sulla manutenzione e semplificare le procedure per fare ripartire i cantieri
Sul piano delle infrastrutture è necessario intervenire rapidamente su un patrimonio obsoleto, spesso degradato e inefficiente, adottando urgenti misure di messa in sicurezza, ammodernamento e adattamento ai cambiamenti climatici delle strutture esistenti. Occorre dunque far partire il grande cantiere della manutenzione, indirizzata verso sostenibilità e messa in sicurezza delle infrastrutture, che, contrariamente a quanto dichiarato da molti in queste settimane, non è vietata dalle Istituzioni europee. Per farlo bisogna accelerare gli investimenti con certezza di tempi e costi e mettere in atto le necessarie semplificazioni normative che garantiscano l’effettivo utilizzo delle risorse stanziate. Lo sblocco delle procedure autorizzative e uno snellimento del sistema normativo che regola il settore degli appalti pubblici appare dunque un’emergenza assoluta se vogliamo cogliere pienamente gli obiettivi del Recovery Plan e riuscire a spendere nei tempi previsti le importanti risorse di cui potrà disporre l’Italia. Risulta indispensabile avere al più presto i progetti (che mancano), e attuare in modo omogeneo le deroghe del Semplificazioni, superando la frammentazione normativa esistente e velocizzando l’apertura dei cantieri, senza sacrificare la concorrenza. Contemporaneamente, è necessario prevedere una nuova legge sui contratti pubblici, più snella e maggiormente equilibrata dell’attuale Codice degli Appalti, contenente le regole e i principi comuni per lavori, servizi e forniture, e un nuovo Regolamento attuativo, espressamente dedicato ai lavori pubblici, distinto da servizi e forniture, in cui recepire anche talune norme comunitarie.
Una procedura autorizzativa semplificata e una PA rafforzata
Per fare fronte alle emergenze nelle amministrazioni e in particolare alla mancanza di personale qualificato e specializzato, è necessario rendere possibili maggiori assunzioni e l’utilizzo di contratti a tempo determinato, da dedicare all’attuazione del Recovery Plan, come evocato in questi giorni da più esponenti del Governo. Fino al 2026 abbiamo bisogno di introdurre forti elementi di flessibilità nel mondo del lavoro sia pubblico che privato, finalizzati alla realizzazione degli obiettivi del PNRR. Ma occorre agire anche nell’immediato per snellire alcuni passaggi del processo autorizzativo che bloccano la macchina pubblica, sia nel settore dei lavori pubblici sia nell’edilizia privata, e impediscono di spendere in tempi rapidi le risorse disponibili. Per questo ANCE propone l’istituzione di una Conferenza dei servizi asincrona con il compito di concentrare in un’unica sede la fase autorizzativa e costringere le amministrazioni competenti a esprimere il proprio parere entro e non oltre 120 gg, con tempi perentori e applicazione generalizzata del silenzio assenso.
Svoltare finalmente verso un modello di rigenerazione urbana sostenibile
Occorre anzitutto sfruttare gli attuali disegni di legge in corso di discussione in Parlamento e arrivare finalmente alla definizione di una vera Agenda urbana e ad una legislazione nazionale per poter intervenire sul tessuto consolidato delle città anche attraverso interventi di demolizione e ricostruzione. In tal senso occorrono quindi le seguenti misure:
-Cabina di regia a livello centrale che governi le politiche urbane e l’utilizzo delle risorse pubbliche;
-dichiarare di interesse pubblico gli interventi di rigenerazione urbana;
-finanziare un Piano di rigenerazione urbana, utilizzando in particolare le risorse europee del Recovery Plan e dei fondi strutturali 2021-2027 e superando la frammentazione;
-superare la rigidità delle previsioni del DM 1444/68 e di tutte le norme che condizionano la rigenerazione;
-prevedere che i comuni individuino ambiti di intervento sui quali gli operatori possano formulare proposte di rigenerazione anche attraverso singoli interventi;
-definire con le Regioni un sistema di incentivi per rendere integralmente sostenibile la rigenerazione e consentirne un’attuazione veloce e diffusa.
È oramai evidente che bloccare qualunque intervento nei centri storici sta portando al progressivo degrado ed abbandono degli stessi. Abbiamo bisogno di una coraggiosa ed innovativa legislazione che incoraggi gli interventi anche nei centri storici ferma restando la tutela dei beni di chiara valenza storica e artistica.
Prorogare e semplificare il Superbonus 110%
Il Superbonus 110% rappresenta uno strumento strategico per lo sviluppo e per l’attuazione di un programma concreto di riqualificazione del patrimonio edilizio italiano, in linea con gli obiettivi di sostenibilità e di riduzione del consumo del suolo definiti nell’ambito del Green Deal europeo. Le iniziative sono infatti rallentate, e rischiano poi di essere bloccate, dall’incertezza sulla durata dei benefici e da alcune lungaggini burocratiche. E’ quindi necessario decidere oggi la proroga del Superbonus, nell’attuale almeno fino a fine 2023, nell’ambito del Recovery Plan. Il Superbonus deve poi essere inserito in una più ampia strategia decennale di riqualificazione degli edifici, per raggiungere gli ambiziosi obiettivi dell’ondata di ristrutturazioni definita a livello europeo. Prioritarie appaiono anche le esigenze di semplificazione per favorire l’accesso ai benefici fiscali e accelerare i tempi di recupero del credito per evitare l’incidenza sulla liquidità delle imprese.
Un’attenzione specifica ad una politica industriale per il settore delle costruzioni
Il settore delle costruzioni, nonostante rappresenti uno dei principali motori del mercato interno con un alto tasso di occupazione e di ritorno sull’indotto, è ancora fiaccato da una crisi che lo colpisce da 12 anni e che con la pandemia è tornata a mordere, spegnendo ogni timido segnale di ripresa che si era affacciata nel 2019. I risultati sono evidenti. Meno imprese, meno lavoratori, redditività pari a zero e un inesorabile percorso di destrutturazione del settore che ha radici lontane ma che negli ultimi anni ha subito un’accelerazione a causa dell’assenza totale di una politica industriale dedicata e di scelte politiche sbagliate e comunque poco lungimiranti. Un mondo delle costruzioni finanziariamente solido e sostenibile è nell’interesse tanto delle imprese quanto dello Stato e della comunità se si vogliono cogliere le opportunità del Recovery Plan e gettare le basi per un futuro migliore. Non è più rimandabile quindi la definizione di una politica industriale per il settore.
Si allega di seguito il documento di audizione con le proposte ANCE